Quando si parla di “integratore alimentare”, qualche volta denominato anche “complemento alimentare “, si entra in un campo che negli ultimi anni ha avuto degli sviluppi notevoli dovuti al mutare dei costumi di vita della nostra società. Negli anni ‘ 80 la salute si identificava in primis con l’assenza di malattia, per cui il bisogno principale era quello di risolvere il problema mediante l’aiuto di farmaci. Negli anni ‘ 90 è divenuto fondamentale il concetto di prevenzione come strategia per mantenere lo stato di salute dell’organismo. Oggi la salute coincide con lo “star bene” nel significato di miglioramento del proprio benessere sia fisico che psichico. Ed ecco allora la risposta degli integratori che costituiscono un modo per ottimizzare lo stile
di vita in naturalità e sicurezza.
L’integratore ( complemento ) alimentare è stato definito dall’ EHPM, la Federazione Europea delle Associazioni dei Produttori di Prodotti Salutistici come:
“Preparazioni come tavolette, capsule, polveri e liquidi composte da o contenenti nutrienti, micronutrienti e/o altre sostanze commestibili assunte in dosi unitarie, destinate ad integrare la normale alimentazione”.
Si tratta insomma di un alimento pensato specificatamente per integrare l’alimentazione con varie sostanze non facilmente reperibili in sufficiente quantità dalla alimentazione normale. Il termine di “sufficiente quantità” è una variabile molto ampia che dipende da due fattori: il fabbisogno individuale, ( che può variare di molto da un individuo all’altro ) e la determinazione di quello che è considerato “sufficiente”. Su quest’ ultimo punto esistono due tipi di opinioni. C’è chi ritiene sufficiente la quantità di una sostanza che assicura nella maggior parte della popolazione l’assenza di sintomi di carenza, per esempio le classiche malattie
da carenza vitaminica, o chi sostiene il concetto di una quantità ottimale per ogni individuo, una quantità che non solo assicura l’assenza di sintomi evidenti ma che contribuisca a un fisico sano e resistente dando alla persona uno stato di salute ottimale. Quest’ultimo punto di vista ha trovato conferma scientifica negli ultimi anni in diversi studi sulle proprietà benefiche delle sostanze dette “antiossidanti”, a dosaggi anche molto superiori all’ RDA.
Quindi ci sono degli integratori alimentari che cercano di integrare l’alimentazione con la quantità raccomandate ( RDA) e ci sono altri integratori che invece si ispirano al concetto del benessere e dello stato di salute ottimale, spesso con dosaggi largamente superiori a quanto sia necessario per scongiurare le carenze ovvie e le malattie gravi.
La legge italiana non definisce l’integratore alimentare in quanto esiste il concetto del prodotto dietetico ma non quello di un integratore generico, cioè non diretto verso uno specifico fine dietetico.
Il DL del 27 gennaio 1992, che attua la direttiva CEE 89/398, sui prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, definisce il campo di applicazione del prodotto dietetico. Richiede che il prodotto risponda alle esigenze nutrizionali particolari delle persone con difficoltà di assimilazione o con un metabolismo perturbato, delle persone in condizioni fisiologiche particolari, dei lattanti e bambini nella è prima infanzia. Inoltre il prodotto si deve distinguere nettamente dagli alimenti di consumo corrente, deve essere adatto a uno specifico obiettivo nutrizionale e deve essere commercializzato con l’ indicazione appunto di questo obiettivo.
Queste sono condizioni molto particolari che non sono applicabili agli integratori alimentari, i quali:
– non sono diretti verso un cerchio ristretto di persone con particolari problemi metabolici.
– non vengono commercializzati con l’indicazione di un certo fine nutrizionale ( dietetico ).
Quindi se ne deduce che l’integratore alimentare non può essere considerato alla stessa stregua del prodotto dietetico e ne consegue che non può essere giudicato in base alla legislazione fatta per quest’ultimo.
Attualmente si sta lavorando anche a livello europeo per fare chiarezza su questo argomento. Un’altra confusione spesso incontrata è l’asserzione che non può esistere un alimento con una composizione simile a quella di un medicinale. Ad esempio la vitamina C in forma di tavoletta: ci sono medicinali che la contengono ma anche integratori. Quale sarà il criterio giusto per distinguere l’uno dall’altro? si potrebbe ricorrere al dosaggio dell’ingrediente ma come ci si può regolare se per la sostanza in questione non è stata definito un RDA? Visto che la RDA non è che una stima di quello che potrebbe essere una quantità sufficiente per evitare le malattie da carenza vitaminica o minerale nella maggior parte della popolazione adulta, si utilizzerebbe una quantità arbitraria o un multiplo di questa per definire cosa è un alimento e cosa un medicinale.
Ad esempio, se prendessimo la quantità arbitraria di 150 milligrammi di vitamina C, tanto per parlare della stessa sostanza, sarebbe un alimento tutto quello che è sotto questo dosaggio e tutto quello che lo eccede un medicinale, ma non sembra un criterio accettabile. Di conseguenza, forse nessun medicinale potrebbe contenere una quantità inferiore ai 150 milligrammi di vitamina C? Vediamo che cominciando con una decisione arbitraria, saremmo sempre in difficoltà, dovendo introdurre soluzioni altrettanto arbitrarie per superare gli effetti anomali della nostra prima decisione. Non esiste comunque nessuna norma legislativa che imponga agli alimenti un limite dei dosaggi di vitamine e minerali essenziali legato alla RDA. La distinzione tra alimento e medicinale, laddove entrambi contengono sostanze nutritive isolate come vitamine e minerali, deve comunque essere sempre determinato sulla base delle disposizioni legislative e non lasciato alla discrezionalità dei funzionari del ministero della Sanità.
Come vediamo dal testo del DL 178 del 29 maggio 1991, sul recepimento della direttiva CEE in materia di specialità medicinali, il prodotto medicinale viene definito sulla base della sua presentazione e non del contenuto o dell’eventuale dosaggio delle sostanze di cui è composto.
Ricordiamo il testo della definizione che la legge attribuisce al prodotto medicinale:
1. “Ai fini del presente decreto è da intendersi come medicinale ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale.”
2 . “Per sostanza si intende qualsiasi materia di origine umana, animale o vegetale, o di origine chimica, sia naturale che di trasformazione o di sintesi.”
Non è quindi il tipo di sostanza o il suo dosaggio, ma la presentazione del prodotto come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie o per fini di diagnosi medica oppure di modifica delle funzioni organiche, che caratterizza il medicinale. Per contrapporre l’alimento al medicinale, purtroppo non possiamo contare su una legge che lo definisca. Citiamo perciò una definizione elaborata e proposta dall’EHPM, la Federazione Europea delle Associazioni dei Produttori di prodotti Salutistici.
Secondo l’ EHPM gli alimenti sono :
” Sostanze solide o liquide, processate o semiprocessate o crude, assunte al fine di:
· ristabilire, mantenere o migliorare il livello energetico del corpo,
· fornire sostanze nutritive o altre sostanze utili alla corretta funzione metabolica, alla crescita ed alla riparazione,
· dare una sensazione piacevole per via delle loro proprietà organolettiche”.
L’alimento non ha bisogno di essere identificato come tale, ma deve portare, in etichetta, tutte le indicazioni disposte dal DL 109 del 27 gennaio 1992.
Possiamo allora riassumere che tutti gli alimenti e molti medicinali sono prodotti destinati ad essere consumati per ingestione. Entrambi possono essere composti da una varietà di sostanze ( animali, vegetali, oppure di origine chimica ). Entrambi hanno a che fare con la corretta funzione dell’organismo umano.
A differenza dei medicinali però, gli alimenti non possono essere tossici ai dosaggi del consumo usuale. Per i medicinali sono accettabili degli effetti tossici , purché il rapporto rischi/benefici sia favorevole e a patto che questi effetti collaterali siano chiaramente evidenziati nei fogli illustrativi. Per gli alimenti vale il principio che non deve esserci assolutamente tossicità nel consumo usuale. Come tutte le regole, anche questa ha le sue eccezioni. Si pensi solo al sale da cucina tossico e addirittura mortale al dosaggio di alcune decine di grammi. La regola perciò è legata strettamente al concetto del “consumo usuale”.
Come facciamo allora a distinguere con sicurezza l’alimento dal medicinale ?
Solo attraverso la presentazione. Come riportato dalla definizione sopra, è definita medicinale “ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche…”. Invece per gli alimenti vediamo che per quanto disposto dal DL 109/92, “l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità…non devono essere tali da indurre ad attribuire al prodotto proprietà atte a prevenire, curare o guarire malattie umane né accennare a tali proprietà….”.
Quindi abbiamo due grandi categorie:
1. il medicinale
2. l’alimento
La distinzione tra queste grandi categorie è basata sulla presentazione. Il medicinale deve indicare quali malattie cura o previene. Per l’alimento qualsiasi indicazione in questo senso è vietata. La tossicità delle sostanze al dosaggio usuale può essere un ulteriore segno distintivo. In genere l’alimento non può avere tossicità, per il medicinale questa è tollerata.
Avendo distinto l’alimento dal medicinale, ci possiamo adesso concentrare sul primo, per esaminare le sotto-categorie di nostro interesse.
Gli alimenti si possono suddividere in vari modi. In questo contesto il nostro interesse si limita agli alimenti speciali ( distinti cioè dagli alimenti di consumo corrente ):
1. Gli integratori alimentari
2. Gli alimenti dietetici
Oltre alle ovvie difficoltà di distinzione tra queste due categorie, riscontriamo anche una notevole confusione dei termini.
Quando sentiamo parlare di integratori dietetici, il prodotto appartiene agli integratori alimentari oppure agli alimenti dietetici?
Mettiamo un po’ di chiarezza:
gli alimenti dietetici sono stati anche denominati
· Alimenti per una nutrizione particolare ( DL 111/92)
· Alimenti di regime ( DL111/92)
· Integratori di regime ( DL 77/93 )
( i termini “dietetico” , “di regime” e “nutrizione particolare” appartengono a questa categoria di alimenti )
gli integratori alimentari sono stati chiamati
· Complementi alimentari ( DL 77/93 )
· Integratori alimentari ( DL 164/94 – non convertito in legge )
La distinzione tra gli alimenti dietetici e gli integratori alimentari, come abbiamo già visto sopra, dipende sempre dalla presentazione e dalla etichettatura. L’alimento dietetico per legge deve avere un certo fine nutrizionale e lo deve riportare in etichetta. L’integratore alimentare non riporta nessuna indicazione di un fine dietetico.
Riepilogando: che cos’è allora l’integratore alimentare?
Bisogna prima dire che non è né un medicinale, né un alimento dietetico
E’ invece un prodotto alimentare, che si può presentare anche in forma di tavolette, capsule polveri e liquidi ed è composto principalmente da nutrienti, micronutrienti ed altre sostanze commestibili assunti in dose unitaria. Il suo obiettivo è una integrazione ( senza fini medici e senza specifici fini dietetici ) della normale alimentazione. In mancanza di una normativa specifica che regolamenti il trattamento di questo tipo di prodotto in tutti i paesi europei , l’integratore deve sottostare a tutte le leggi sugli alimenti e deve astenersi dal riportare, nell’etichetta e nella presentazione, qualsiasi indicazione medica oppure dietetica. L’integratore non ha limiti di dosaggio imposti per disposizione legislativa, ma ha l’obbligo, naturalmente, di attenersi al principio della non-tossicità che vale per tutti gli alimenti.
Concludendo, l’utente che si avvicini all’integratore non lo faccia tra gli scaffali di un supermercato, ma entri in farmacia, dove troverà un professionista che in base alle sue conoscenze potrà consigliarlo sul prodotto adatto ma, soprattutto, “sicuro” perché registrato al ministero della Sanità.